Lo Zen
Bodhidharma (India, 483 circa – Tempio di Shaolinsi?, 540) è stato un monaco buddhista indiano, 28° patriarca del Buddhismo indiano secondo la tradizione Chán/Zen, appartenente alla corrente Mahāyāna, ed erede del Dharma, secondo il lignaggio Chán, del maestro Prajñātāra. Originario, secondo alcuni tardi resoconti della sua vita, dell’India e di nobile casata, o brahmano, ritenuto primo patriarca del Buddismo Chán (Zen in Giappone), da lui sarebbe nato anche, secondo alcune tarde leggende, lo stile di combattimento di Shàolínquán (少林拳).
Il segreto dello Zen consiste nel sedersi, semplicemente, senza scopo ne’ spirito di profitto, in una postura di grande concentrazione. Questo fondamento disinteressato e’ chiamato za-zen; za significa sedersi, e zen meditazione, concentrazione. L’insegnamento della postura, che e’ trasmissione dell’essenza dello zen, ha luogo in un dojo (luogo della pratica della Via). Esso e’ impartito da un maestro, iniziato tradizionalmente, nella linea dei patriarchi e del Buddha. La pratica dello za-zen e’ di grande efficacia per la salute del corpo e della mente, che essa conduce verso la loro condizione normale. Lo zen non puo’ essere racchiuso in un concetto, ne’ reso attraverso il pensiero, chiede di essere praticato; e’ essenzialmente, un’esperienza. L’intelligenza non e’ sottovalutata, soltanto si ricerca una piu’ alta dimensione della coscienza non stagnante su una visione unilaterale degli esseri e delle cose. Il soggetto e’ nell’oggetto, e il soggetto contiente l’oggetto. Si tratta di realizzare, attraverso la pratica, il superamento di tutte le contraddizioni, di tutte le forme di pensiero. L’espressione filosofica del Buddhismo Zen non ha dunque nulla di un sistema di pensiero costrittivo e rigido, e’ la trasmissione di concetti formati da un’esperienza millenaria e sempre nuova allo stesso tempo, quella del risveglio. Qualche formula-forza, qualche parola-chiave polarizzano e ordinano il campo del vissuto. Le parole si rispondono, comunicano, senza alterare la continuita’, l’insaziabile fluidita’ del reale, che aiutano ad accerchiare. Illuminano l’esistenza quotidiana, presa alla sua radice. Qui ed ora nozione-chiave; l’importante e’ il presente. La maggior parte di noi ha la tendenza a pensare ansiosamente al passato o all’avvenire, invece di essere completamente attenti ai nostri atti, parole e pensieri del momento. Conviene essere completamente presente in ogni gesto: concentrarsi qui ed ora, cosi e’ la lezione dello Zen. Del tutto essenziale e’ anche la formula “sedersi semplicemente” (shikantaza), “gratuitamente, senza scopo ne’ spirito di profitto” (mushotoku). Il maestro Dogen diceva:
“Imparare lo Zen, e’ trovarci,
trovarci, e’ dimenticarci,
dimenticarci, e’ trovare la natura di Buddha,
La nostra natura originale”.
Ritorno all’origine. Comprendere noi stessi, conoscerci prodondamente, trovare il nostro vero se’. La si trova l’essenza di tutte le religioni e di tutte le filosofie, la sorgente della saggezza, l’acqua viva che sgorga dalla pratica regolare za-zen. Natura di Buddha significa: la condizione piu’ normale che possa essere, quella naturale, originale, del nostro spirito. Piu’ ci avviciniamo a questo stato normale di coscienza, a questo spirito puro, piu’ possiamo creare intorno a noi una atmosfera raggiante, feconda, benefica. Piu’ ce ne allontaniamo piu’ diventiamo la preda dell’ambiente. Se apriamo le mani, possiamo ricevere ogni cosa. Se siamo vuoti, possiamo contenere l’universo intero. Vuoto e’ la condizione dello spirito che non si attacca a nessuna cosa. Il Maestro Sekito, celebre maestro cinese, ha scritto:
“Anche se il luogo di meditazione e’ stretto, racchiude l’universo. Anche se il nostro spirito e’ piccolo, contiente l’illimitato……….”.
Lo Zen e’ al di la di tutte le contraddizioni. Le include e le sorpassa. Tesi, antitesi, sintesi e al di la’. Quando i maestri Zen rispondono alle domande dei loro discepoli con un enigma che assomiglia ad uno sproposito assurdo, non si tratta di uno scherzo. Il maestro si sforza sempre di portare l’allievo ad andare al di la’ del pensiero. Ad esempio, voi gli dite “bianco”, lui risponde “nero”, affiche’ facciate voi stessi il passo al di la’. Non sostiene una tesi, ma presenta l’altra estremita’ della proposizione, affinche’ l’interlocutore trovi lui stesso il giusto mezzo. Se dico: “Quando si muore, ogni cosa muore”, questo non e’ falso, ma non e’ tutta la verita’. Dobbiamo andare al di la’! Alla domanda: “Cos’e’ l’essenza del Buddha?”, Huang-Po risponde: “La scopa della toilette”. Io dico talvolta: “Questa statua del Buddha davanti la quale mi inchino non e’ che legno, non e’ niente, puo’ bruciare, essa non ha alcuna importanza: tuttavia mi inchino con il piu’ profondo rispetto per tre volte davanti ad essa, perche’ simbolizza l’assoluta buddhita’, la natura divina”. Si tratta di vedere tutte le facce d’un fenomeno. Certo, le forme religiose sono eccellenti nei luoghi e nei tempi dati. Pratica dell’essenza, esperienza dell’origine, lo Zen sorpassa lo spazio-tempo, puo’ essere un perno dell’Evoluzione per la sua semplicita’ e il suo carattere universale. Come un torrente primaverile risveglia la prateria, lo Zen provoca una rivoluzione interiore, una mutazione dell’essere. Quando non si evolve, si involve. Se non si crea, si muore. Se la tua mano destra e’ impedita, utilizza la tua mano sinistra. Svegliarsi, creare, intuitivamente: ognuno di noi fa la civilta’. Lo Zen e’ l’educazione silenziosa.
“Nel silenzio si alza lo spirito immortale e senza parlare la gioia viene”.
L’insegnamento moderno da’ il primo posto al discorso ma sovente le parole non esprimono il vero pensiero o l’atteggiamento profondo. La parola e’ quasi sempre incompleta. Quando trova la sua precisione, trasmettiamo la nostra esperienza “dal mio cuore al tuo cuore”. Lo Zen raggiunge la piu’ alta saggezza, l’amore piu’ profondo. La saggezza e’ per forza fredda, essa e’ il padre senza la madre. Epurata di tutti i formalismi, la religione puo’ dare lo spirito d’amore. La grande saggezza e’ fondamentalmente ritorno all’origine, verita’ dell’universo, base della nostra vita, al di la dei fenomeni. L’esperienza religiosa puo’ ridiventare la sorgente vivificante dell’esistenza umana, che essa si apre alla sua piu’ alta dimensione.
Poiché lo zen è l’Unico Corpo, cioè la vita stessa, non esclude nulla. Lo zen è questo, questo momento, questo bastone, questa quiddità. Togli qualcosa da questo, e non è più questo. la forma non è che vacuità, La vacuità non è che forma
Nello Zen non c’è nulla di misterioso, di complicato. La Pratica è molto semplice: la meditazione seduta Zazen, è soltanto sedersi, è rivolgere lo sguardo verso l’interno, imparare ad ascoltare, conoscere sè stessi e a lasciar cadere il proprio piccolo ego, armonizzandosi con la propria natura profonda. E’ la saggezza che accede alla saggezza dalla porta del silenzio e che va oltre il desiderio di profitto. Durante zazen non si ferma il pensiero, si è consapevoli della sua presenza e lo si lascia passare. In questo modo si crea uno spazio di libertà e la coscienza diventa illimitata, infinita.
… che si avverino i loro desideri… che possano crederci, e che possano ridere delle loro passioni! Infatti, ciò che chiamiamo passione in realtà non è energia spirituale, ma solo attrito tra l’animo e il mondo esterno. E, soprattutto, che possano credere in se stessi, e che diventino indifesi come bambini: perchè la debolezza è potenza, e la forza è niente. Quando l’uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido. Così come l’albero, mentre cresce, è tenero e flessibile, e quando è duro e secco, muore. Rigidità e forza sono compagni della morte; debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell’esistenza. Ciò che si è irrigidito non vincerà. (Arsenij Tarkovskij)
